Succede a volte di entrare subito in sintonia con una persona sconosciuta. A volte anche con un cane o un gatto sconosciuti. Sono quelle cose misteriose che non sappiamo spiegare ma che sono un dato di fatto inspiegabile, succedono a prescindere da cosa noi facciamo.
Alla stessa maniera ci sono sentieri, mai percorsi prima, sui quali ci si trova subito a proprio agio, un "feeling" che non ci fa pesare la fatica della pendenza. Così è stato, per me, il sentiero che porta in cima al Monte Cjadin, la “piramide” che sovrasta Forni Avoltri.
I sentieri costantemente molto ripidi impongono una cadenza ritmata del passo e sono i miei preferiti perché ritmo e silenzio antropico mi fanno entrare in uno stato quasi meditativo, uno stato in cui mi astraggo da tutto, non sono nemmeno conscia della concentrazione che pongo nel salire, nell'evitare le insidie di sentieri stretti e sconnessi. Ogni tanto riemergo: quando c'è un bivio o al fruscio di un animale tra la vegetazione, al volo improvviso di un uccello che ho disturbato o al grido di allarme di una marmotta, ma anche semplicemente all'aprirsi di un panorama.
E poi sono i più belli da scendere: mi stupisco sempre di quanto poco tempo ci si impieghi a perdere quota, in corsetta a piccoli passi più o meno veloci ... è sempre il sentiero che comanda e a me diverte assecondarlo.
Vivo a Padova dal 2001 ma sono cresciuta tra Tolmezzo e Collina di Forni. Salgo le montagne da sempre, con gli scarponi, con gli sci, con le ciaspe o in mountain-bike. Sono laureata in Geologia e dal 2012 faccio la guida naturalistico-ambientale presso l’Orto Botanico di Padova.