21lug2022
Ho provato in anteprima e testimonio di aver apprezzato le preziose opere come l’organizzazione. Gli affreschi di Giovanni Antonio de’ Sacchis (1483-1539) detto il Pordenone sanno ancora raccontare. Confesso che il pomeriggio è volato. Grazie a Ramona, nostra guida, e ad Elena. Sapevate che, prolifico di opere, sposato più volte, seppur messo in secondo piano dal Tiziano, perdendo una commissione importante, ha conquistato nobiltà trasmissibile e sede in quella Venezia dove era stato oscurato? Artista operoso, fu autodidatta secondo il Vasari. In Friuli è il pittore oggi più autorevole negli studi d’arte. Ebbe come allievo Pomponio Amalteo, che poi diventerà suo genero. Nato a Pordenone, Giovanni Antonio de’ Sacchis si formò nella scuola tolmezzina, assorbì le sfumature di colore del Giorgione, maturandole: passerà dal disegno e dai toni forti a tratti delicati, nella grandiosità di figure e scene, evolverà da forme di illusione ottica a forme più dinamiche, eleganti, libere. In quel sabato pomeriggio vedevo un gruppo tranquillo, attento e a naso in su. Gli affreschi del massimo esponente friulano del Rinascimento sono di una bellezza celebrativa incredibile e suggeriscono nella ricerca dei dettagli una grande conoscenza e attaccamento al territorio. Vale anche il paesaggio naturalistico che si vede dalla corriera, come i piccoli borghi. A volte nubi basse bianche sulla pedemontana davano una cornice al foliage autunnale. Grande artista la natura. Nella piccola sosta-ristoro, scene di vita attuale al bar, col tradizionale bancone, saletta tivù; un tajùt (bicchiere di vino), due chiacchiere in buona compagnia.
Tra le immagini d’arte, alcuni ricordi: i colori, caldi e luminosi, la cupoletta del coro della chiesetta con cimitero a Gaio, ben più antica del 1490; a Valeriano la prima opera certa dell’artista, il trittico con la sua firma, nel piccolo edificio di culto eretto dalla Confraternita dei Battuti attorno al 1300; la luce del Bambinello paffuto sui cuscini, nella Natività di grande effetto cromatico, i puttini alati, che richiamano i putti delle arcate della volta di Travesio, oggetto di studio fotografico di noto personaggio di Casarsa; la dolcezza dei lineamenti dell’Arcangelo che pure infilza con forza un demone furente. Particolari, espressioni vivide, studio della luce, scene che viste nel complesso risultano grandi e magniloquenti, fanno di questi luoghi un’occasione di elevazione dilatata nel tempo. Cinque le chiese raggiunte: San Marco a Gaio, San Martino a Pinzano, Santo Stefano e S. Maria-Oratorio dei Battuti a Valeriano, San Pietro a Travesio, chiusura trionfale. Sia che scegliate la visita del sabato o le chiese complementari della domenica, in omaggio riceverete una guidina illustrata per le quindici mete. Prossime partenze sabato 20 ottobre e 3 novembre, se scegliete invece la domenica vedrete altre cinque realtà.
Chiara Cardi