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14 giugno 2017

La pitina della Valtramontina

14 giugno 2017
Anna Maria Ometto

La pitina della Valtramontina

La pitina è un prodotto culturale della Valtramontina e Valli pordenonesi.

Considerarla un salume è improprio: non è un insaccato. Di recente l’abbiamo mangiata unita al prosciutto, alla pancetta. Quella fettina cruda di pitina, dal colore rosso scuro, era particolarmente saporita, ma continuo a ripetere a me stessa che non appartiene agli affettati che classifichiamo come salumi. L’abbiamo apprezzata nel contesto di nicchia a Montereale Valcellina: leggermente affumicata, accompagnata da una fetta di quel pane fatto in casa, in forme giganti, abbinata e ingentilita dalla confettura ai bottoni di tarassaco: una prelibata specialità del territorio.

Per pitina si intende una polpetta di carne macinata, di capra, pecora, camoscio o altra selvaggina ungulata, con sale, aglio, pepe nero, aromi e erbe alpine per ingentilire il sapore selvatico. Si presenta come una polpetta un po’ appiattita, passata nella farina di mais. Dal produttore è stata affumicata con legno, di solito faggio o nocciolo, e fatta stagionare almeno per 30 giorni.

A tavola, la pitina l’abbiamo assaggiata cruda, a fettine, cotta, dal sapore più accentuato, rosolata in padella, accompagnata da cipolle, patate o polenta. Il luogo di origine documentato è la Valtramontina. Possiamo pensare che ogni malga avesse una caratterizzazione ancora nel ‘900 e già da prima: anche le erbe, in effetti, da valle a valle conservano diversità.

In Friuli coesistono micro ecosistemi e luoghi selvaggi. Lo slow food ha fatto della pitina un presidio, in quanto prodotto autoctono sulla via del marchio IGP da parte della commissione europea di Bruxelles. Per ora, secondo il presidente dell’Uti Valli e Dolomiti Friulane, Andrea Carli, è il primo e unico prodotto IGP della zona montana e di tutta la Destra Tagliamento. Solo i comuni montani di Andreis, Barcis, Cavasso Nuovo, Cimolais, Claut, Erto e Casso, Frisanco, Maniago, Meduno, Montereale Valcellina sono legittimati a produrre la pitina. Ma c’è anche la peta, la petuccia, sempre di carne macinata, magari di maiale, aromatizzate col ginepro, al kummel o al naturale.

I locali della zona hanno almeno un piatto con questa specialità: val la pena provare.

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Anna Maria Ometto

Ho maturato esperienze sull’arte della tavola. Sommellier ed enogastronoma. Adoro fotografare la natura, le città d’acqua, i borghi, le antiche dimore, curiosità urbane. Mi piace raccontare di scoperte slow come di arte e cultura. Vivo in provincia di Pordenone.

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