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20 luglio 2020

Vajont

20 luglio 2020
Michele Castro

Vajont

“Cinquantasette anni fa non potevamo stare qui. Sotto di noi c’era solo aria per più di 200 metri”.
È cominciata così la mia visita guidata sui luoghi della tragedia della Diga del Vajont
Mi trovo nel Parco delle Dolomiti Friulane, a cavallo tra le province di Belluno e Pordenone nel comune di Erto e Casso.
Da queste parti c’era una volta un torrente di nome Vajont che scorreva felice tra le sue montagne. Le aveva scavate pian piano con la scure del tempo, che solo chi ha millenni da vendere sa usare senza fatica.
Nacque così una valle, dove acqua e roccia in perfetta armonia, si dividevano quel territorio incontaminato che milioni di esseri viventi chiamavano casa.
Una mattina, alcuni umani che non vivevano nella valle e che si diceva fossero molto più intelligenti di tutti gli altri esseri viventi, giunsero da molto lontano e decisero che il torrente doveva essere fermato per creare energia elettrica. Progettarono e costruirono con grande orgoglio la diga più alta del mondo, per poter così fermare la corsa dell’arzillo serpente d’acqua.
Ma il torrente ribelle non fu per niente d'accordo. Non si rassegnò a trasformarsi in un lago e così chiese aiuto al suo amico: il monte Toc. Voleva dare una lezione a quei piccoli esseri chiamati uomini, che si credono i padroni del mondo e della natura.
Il monte Toc accettò ad una condizione e disse al torrente Vajont: “lascia prima che io avverta gli uomini del pericolo al quale vanno incontro nel caso in cui portino a termine il loro progetto”. Il torrente Vajont acconsentì.
Ma gli uomini trascurarono e minimizzarono gli avvertimenti del Monte Toc: frane, grosse spaccature nel terreno, scosse di terremoto e boati notturni. Nulla fermò il loro inento.
Fu così che la sera del 9 ottobre del 1963 una enorme frana si staccò dal monte Toc e andò a finire nel torrente, che era ormai diventato un grande lago artificiale profondo 240 metri. Si alzarono in cielo 50 milioni di metri cubi d'acqua con tre ondate gigantesche alte fino a 400 metri. Lo spostamento d’aria creatosi nella stretta valle raggiunse la velocità di 800 km/h. Non ci fu scampo per gli abitanti di Longarone (BL) che venne rasa al suolo. 1458 persone morirono ancor prima dell’arrivo dell’ondata. Accadde tutto in due minuti e mezzo e vennero cancellate dalla geografia numerose località del comune di Erto e Casso (PN).
Zero fu il numero di cervi morti durante il disastro. Infatti già da un paio di anni non frequentavano più la valle. Loro avevano fatto tesoro dei segnali di avvertimento del monte Toc.
Gli uomini influenti e responsabili invece, forse accecati dalla sete di denaro e potere, minimizzarono e cercarono ogni scappatoia possibile per non fermare il loro progetto.
Questo luogo, oggi diventato una specie di Mecca per geologi di tutto il mondo, è anche un tempio della memoria che ci fa riflettere su come il rapporto tra uomo e natura possa essere molto difficile se il primo non rispetta la seconda.
 
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Michele Castro

Mi chiamo Michele, ho 40 anni e vivo in FVG da quando ho 19 anni. Lavorando a turni, ho la possibilità di coltivare i miei hobby preferiti: le camminate e la mountain bike.  Vi racconterò possibili esperienze in natura che la nostra regione, protetta dalle Alpi e baciata dal mare, ci offre.

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