Rifugio Charpin

Ho iniziato la divulgazione delle mie personali scoperte in Alta Val Meduna con il racconto del Tasso Plurisecolare. In questo nuovo viaggio vi porto lungo il sentiero che conduce al Rifugio Charpin che è l’unico avamposto umano in una valle selvaggia. Il rifugio è lontanissimo dai centri abitati, servito da un sentiero difficile, privo di segnalazioni, con uno sviluppo di oltre 6 chilometri, impraticabile se il torrente Meduna è in piena. Ricorda un po' la situazione di sperduta solitudine dell’autobus del film In to the Wild di Sean Penn.
È il luogo perfetto per vivere l’avventura, quella che si crede possibile solo in paesi esotici, ma che è qui alla nostra portata, in questa nostra regione piccola, ma meravigliosa, che ha tutto, anche gli ambienti selvaggi e desolati.
Eppure, chi avrà la ventura di calcare questo itinerario, scoprirà che qui si è vissuto, si è utilizzata la montagna fin da sempre. Il rifugio, infatti, sorge sul rudere della Casèra Charpin (o Ciarpen, che vuol dire carpino), una dei tre pascoli dell’Alta Val Meduna, insieme alle casère Ropa e Cuèl.
In località Culosit si trovano due croci, significativo indizio che i boschi di questa valle furono sfruttati per ricavare legna da ardere negli anni Trenta, Quaranta e Cinquanta del secolo scorso; le croci del Culosit ricordano due boscaioli morti sul lavoro.
Per portare fuori la legna, fu costruita una teleferica lunga quasi dodici chilometri con molte linee laterali. Nei momenti di maggior lavoro erano impegnati duecento boscaioli che alloggiavano in casoni di legno nei pressi dell’attuale Rifugio Charpin.
Dal termine di quell’epico disbosco la valle è stata abbandonata e il Parco Naturale delle Dolomiti Friulane l’ha ora inglobata come area wilderness.