Il Rôl dal Nono Carli - storia di una vecchia quercia
E’ un simbolo. Una vecchia quercia sulle spalle delle colline moreniche friulane. Nelle notti di luna piena osserva tutto, la Piccola Patria, da sopra le sue radici e quando il cielo è terso vede lampeggiare la laguna di Marano.
Il Rôl dal Nono Carli ha vissuto le guerre e il terremoto. C'era quando le case non avevano la luce elettrica e l’acqua da bere si prendeva a secchiate giù dai cento scalini che portavano al torrente Urana. Ha visto scomparire il vecchio borgo di Cragnolin sopra Magnano in Riviera e nascere e crescere il Ronc del vecchio Carli.
Ha osservato per anni la vita di quell’uomo solitario che si aggirava tra i boschi del Fait, zaino verde e doppietta in spalla, baffi fieri alla Cecco Beppe, e occhi azzurri alla Paul Newman. Cacciava cinghiali e cercava gamberi quando ancora, giovane bracconiere e antico minatore emigrato in Belgio, era tornato nel suo luogo natio per morire tra i boschi. Raccoglieva asparagi selvatici e viveva con il suo cane e i suoi amati uccelli. Era rimasto l’unico a vivere nel bosco dopo il terremoto del ’76. Non ne aveva voluto sapere di scendere a Tarcento e aveva continuato a vivere tra i suoi boschi, sotto l’antica quercia, in un vecchio box di lamiera, fino a che il vecchio male non l’aveva portato, eremita, in altre e più alte foreste.
La quercia aveva allora raccolto il nome di quel vecchio impetuoso e solitario, che l’aveva eletta quasi a sua residenza ma soprattutto a simbolo di un evento della fine della seconda guerra mondiale, poichè sotto di lei, ogni anno, festeggiava la “Non fucilazione” di tutti gli abitanti del borgo Cragnolin. Negli ultimi mesi della guerra, infatti, un rastrellamento delle SS Naziste aveva portato tutti gli oltre 50 abitanti del luogo davanti all’ancona della Madonna di Billerio, ma il gerarca nazista, sopravvissuto miracolosamente all’attentato partigiano, aveva fatto risparmiare quella povera gente, bloccando inaspettatamente l’esecuzione.
Tra quelle persone c’erano sua moglie, i suoi figli, tanti parenti e amici. Così ogni anno, Carli, sotto la grande quercia, festeggiava, il 4 gennaio, in ricordo di quel miracolo di fine guerra.La vecchia quercia è sempre stata grata al vecchio per essere stata eletta “memoria vivente”di quell’evento così particolare, e, pur non crescendo molto, piantata lì tra le rocce sporgenti del pendio, aveva sempre cercato di farsi bella per l’occasione.
L’avevo scoperta quasi per caso, assieme al racconto di quel vecchio, quando ancora avevo avuto la fortuna di sentirlo raccontare. Poi, più volte, l’avevo arrampicata per piacere e curata per passione, avendola adottata come una lontana mia parente. Dai suoi rami, in inverno, ho guardato lontano Udine luccicare e nelle notti d’estate ho sentito le cicale cantare.
Da quando il mio vecchio ciliegio è morto, il “Rôl dal nono Carli”, è diventato “il mio” grande albero, e, ogni volta che salgo tra i vecchi boschi sopra Magnano in Riviera, non posso fare a meno di passare a trovarlo. A volte semplicemente mi siedo tra l’erba e rimiro la pianura, protetto dal fresco dai suoi rami, altre volte arrivo fino in cima e mi acquieto lasciando i cattivi pensieri cadere sopra le sue antiche radici
E’ un albero vecchio, non immenso ma estremamente particolare.
La sua corteccia spiralata si snoda lentamente verso il cielo, i suoi rami carezzano i castagni vicini, le sue radici abbracciano le rocce e parlano con l’erba.
Il suo spirito lieve, racchiuso umilmente nel grande bosco, ma con lo sguardo fiero verso l’infinito mare, mitiga sempre con una goccia di serenità un animo in tempesta.
Cerco, arrampico, misuro e difendo gli alberi più vecchi, grandi, maestosi e misteriosi del nostro pianeta, ma amo vivere i nostri boschi e la nostra splendida natura.