I laghetti rossi di San Lorenzo Isontino, angolo di pace

La salita al Monte Matajur è una di quelle che ti porta fuori dal tempo, in queste Valli si parla ancora una lingua di derivazione slava, con piccole varianti da paese a paese. L’arrivo è posto al rifugio Pelizzo a quota 1325m. Sono 5 le salite asfaltate che raggiungono il rifugio: una parte da Pulfero, tre da Savogna ed una da Idrsko in Slovenia, tutte hanno in comune gli ultimi tre chilometri, da Montemaggiore al Pelizzo.
La mia preferita è la cosiddetta “strada vecchia” che ha visto anche il passaggio del Giro d’Italia 2016: partenza da Savogna e dopo il ponte sull’Alberone si gira subito a sinistra e si sale verso Ieronizza e Stermizza. È una strada nascosta dalla vegetazione sempre rigogliosa, il suono dell'acqua ti accompagna costantemente come in tante salite friulane, non ho voglia di pedalare a tutta, un po’ per la pendenza (il tratto più difficile è alla fine, dopo il paese di Montemaggiore, 3Km con pendenze al 13%) un po' perché è una scalata da godere.
Il più delle volte la affronto in pausa pranzo. Circa a metà salita il bosco lascia spazio a orti e prati che annunciano il paese di Stermizza. Pedalo entrando in questo ripido borgo (il nome del paese deriva dallo slavo Strm/Strmec ‘luogo ripido, scosceso’) sottovoce come solo la bicicletta sa fare, la campana batte l'una, una porta aperta sulla strada, una pentola sul “sporgét”, una vecchia con il “vìertuh” affonda il cucchiaio nella “kùhnja”, mezzo secondo di vita che scorgo con la coda dell'occhio.
Ecco perché amo la bici: posso entrare silenziosamente in un universo di magia a due passi dalla città.
Sporgét=cucina economica
Vìertuh=grembiule
Kùhnja=minestra