
“Say cheese!” sull'Altopiano del Montasio

Siamo partiti da Ampezzo per dirigerci sopra Lateis, su per le strade bianche che portano a Casera Valuta, a cercare alberi monumentali, i miei colleghi forestali ed io. All’ultimo larice, come una lira che suona in mezzo al prato, una rana mi salta sullo scarpone.
A quasi 1500 metri, con la neve, una rana? “Ce ne saranno altre più sopra” mi dice la mia amica Lara, capendo il mio stupore. Attraverso il prato e, da lontano, il rombo di una moto sembra arrivare. Guardo la strada bianca, cento metri più sotto. Nessuno. Salgo verso la casera, sul prato freddo, sotta la cima del Col Gentile.
Il rombo della moto si fa più cupo, mentre altre rane saltano schizzando via dagli scarponi che pestano l’erba scricchiolante di gelo. La malga, mentre aspetta il nuovo alpeggio, è ancora racchiusa da un lembo di neve gelata. Mi guardo attorno. Le rane saltano, accoppiandosi sulla neve, o scomparendo sotto di essa in un ballo inesplicabile che confonde l’estate con l’inverno. Attento a dove appoggio i piedi avanzo sul prato, ma ancora non vedo la moto arrivare da sotto la valle, mentre il suo suono, sempre più cupo, aumenta stranamente in vigore.
Attorno, le cime dei monti, serene, ci guardano. Da lontano Casera Losa si staglia al sole sul prato di un nuovo colore e i larici con le prime foglie, di un verde tenue, spuntano sui luccicanti rami dorati di primavera. “Vieni, vieni a vedere” Mi chiama ancora Lara sorridendo. Salgo ancora qualche metro, su un piccolo pianoro un avanzo di lago oramai asciutto, quasi solo pantano gelato, ribolle.
Sono rane.
A migliaia. Saltano, cantano, si accoppiano, depongono milioni di uova, in pochi centimetri di fango marrone, vicino alla neve, ancora dura di gelo. La roccia grigia dei monti amplifica il canto gorgogliante che gli animali dedicano alla primavera, come rombo di tuono, mentre i larici lontani deridono, scuotendo i rami nel vento, la mia ipotetica moto che avanza sulla strada.
Resto incantato a guardare quello strabordio di vita in pochi metri quadrati di fango gelatinoso e verdastro. Nella melma appiccicosa di infinite uova, le rane continuano a festeggiare la vita. La cornice incantata dei monti le benedice. Io, inatteso vagabondo, ammiro stupito lo spettacolo di un mondo che tra pochi giorni svanirà.