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25 settembre 2018

Rifugio Fabiani: con il cuore e la MTB a riscoprire l'anima carnica

25 settembre 2018
Giuliano Piccoli

Rifugio Fabiani: con il cuore e la MTB a riscoprire l'anima carnica

Le previsioni danno tempo ottimo nelle prossime giornate così la sera chiamo il mio amico Claudio: ”Senti Claudio, vorrei andare al rifugio Fabiani in mountain bike, lo hanno riaperto quest'anno ed è uno dei pochi che mi mancano da fare in bici nel cuore della Carnia, ci stai?”. La risposta è ovvia, con Claudio vado sul sicuro. Rifugio Fabiani Ritrovo a Paularo alle 7:30 e dopo un caffè in piazza cominciamo a pedalare lungo la famosa salita del Passo del Cason di Lanza (passaggio e GPM del Giro d'Italia 2013), strada stretta con buona pendenza (primi kilometri al 10%) che ci fa guadagnare presto quota, arrivando al Pian dello Zermula (1100m) dove una breve discesa ci porta sul ponte del Rio Chiarsò. 

Torrente Chiarsò presso Stua Ramaz Qui si trovava la Stua di Ramaz, una chiusa che alzava il livello dall'acqua per agevolare, una volta aperta, il trasporto dei tronchi a valle. Proprio qualche centinaio di metri a valle del ponte si trovano le famose “Las Calas" una gola dove i tronchi rischiavano di incastrarsi per cui gli uomini si calavano con le corde e con l'aiuto di lunghi bastoni cercavano di far fluitare i tronchi. Un sentiero (per esperti, CAI 442) ad anello percorre Las Calas facendoci capire gli sforzi immani a cui erano sottoposti i boscaioli prima dell’avvento dei motori e del trasporto su gomma. 
Ma ritorniamo alla nostra bici. Dopo il ponte, la salita si inasprisce e poco dopo, in vista di Casera Ramaz svoltiamo a sinistra prendendo lo sterrato che ci conduce al rifugio. La strada è dura, adesso le pendenze sono importanti e non lasciano tregua. Una benvenuta fonte ci fa respirare un attimo! Tradizione vuole che ci si fermi sempre a dissetarsi presso le fontane alpine, si dice porti fortuna, certamente porta freschezza. Anche se siamo all’ombra degli abeti il motore umano pedalando si surriscalda! Questa pista forestale è anche sentiero CAI 454 “sentiero dei silenzi”, non servono spiegazioni a questo nome. Finalmente arrivo al rifugio Fabiani Ormai siamo in vista dell'ultimo tratto di strada, dopo Casera Lodin (1443m) si lascia la forestale e si prende il sentiero (sempre CAI 454) quasi completamente ciclabile che ci conduce al rifugio Fabiani (1539m). Siamo accolti da sorrisi, birre (meritate) e strudel e mentre l’anima gode del paesaggio, la fatica svanisce. Parlare con i gestori e con gli altri escursionisti mi fa pensare al fatto che in un mondo molto “social”, molto tecnologico, ogni tanto anche molto chiuso, non possiamo vivere solo di telefonino, anche se io sono qua a scriverci sopra le mie emozioni. In rifugio non c'è campo telefonico. Si riscopre il piacere di parlare con le altre persone, di sentire le loro esperienze di vita in montagna o i loro progetti di nuove avventure. Il rifugio è un luogo dove si riscopre il piacere di stare assieme agli altri a parlare di qualcosa che ci accomuna: l'amore per la montagna. Ormai è tempo di rientro, non senza aver completato la salita, una volta ritornati sulla forestale. Adesso il sole scalda e fortunatamente lo sforzo dura poco, il tempo di raggiungere Casera Lodin alta con i suoi panorami spettacolari verso i monti di Paularo. Si possono contare anche parecchi alpeggi, alcuni ancora in uso, altri ormai abbandonati ma che testimoniano l’importanza storica dell'allevamento alpino negli anni passati. Vista da Lodin Alta verso Paularo Ecco, tutto il bello della montagna carnica: riesci ancora a cogliere quell’alito sottile di storia, di tronchi che scendono veloci nelle segherie a valle, di latte appena munto e trasformato in formaggio, di contrabbandieri di confine (l'Austria è a pochi metri sopra di noi). Storie che sono le radici di questa gente così fiera e laboriosa, così genuina e riconoscente. Qui non troverete tutti i comfort, a volte superflui, del turismo moderno, troverete l’anima della montagna e questa, credetemi, non ha prezzo. Sentiero dei Silenzi Lascio questi miei pensieri in alta quota (malga Lodin alta 1680m) e scendiamo lungo la strada percorsa in salita. Ci sarebbero alcuni sentieri per chi cerca le discese adrenaliniche ma al momento (agosto 2018) sono impraticabili per alcune frane e parecchi alberi abbattuti, per cui meglio non avventurarsi (consiglio di chiedere sempre in rifugio le condizioni dei sentieri per non trovarsi poi in spiacevoli situazioni). L’arrivo a Paularo mi riporta nel mondo reale che corre a mille ed io con lui ma nel cuore e nell'anima c'è tutta la potenza della Carnia vera.
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Giuliano Piccoli

Ho 43 anni e sono nato e cresciuto nel Friuli collinare. Pedalo lungo tutta la regione concentrandomi principalmente sulla fascia alpina e prealpina orientale. Durante la stagione invernale mi dedico allo sci in pista e allo sci alpinismo.  Appassionato di storia regionale, seguo con molto interesse le vicende storiche ed artistiche delle zone meno conosciute del Friuli.

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