Cjarsons alle erbe – La ricetta di nonna Gemma

Trops gnocs o vin impastât chiste sere?
La dedizione al lavoro e al risultato. Quanti gnocchi abbiamo impastato questa sera?
Questo si chiedono le signore di Jalmicco, quando finalmente, alla fine della prima serata di festa, possono far rientro a casa, non prima di aver bevuto l’ultima birra in compagnia.
C’è tanta friulanità nelle sagre di paese e quella di Jalmicco, frazione di Palmanova, è una delle più vive del Friuli Venezia Giulia.
La Sagre dai Borgs ha passato i 50 anni. Mezzo secolo di storia che fa di questo evento una delle più tradizionali e perduranti feste dell’area della Bassa friulana.
La sagra ricorre in occasione delle festività per Santa Maria Maddalena (22 luglio) cui è titolata la chiesa del paese.
Nacque per volontà del parroco don Silvio Lesa e del comitato di comunità da lui presieduto che per un lungo periodo organizzò i festeggiamenti nell’area centrale di Jalmicco, abbracciando l’intera Piazza Unione. Attrazioni principali della festa erano il ballo liscio, la pesca di beneficienza e la “lotteria del torello”. Tutto il paese era coinvolto nella preparazione dell’offerta gastronomica, che consisteva perlopiù in griglia di carne, pesce e frittate che venivano offerte sotto il portico della piazza (oggi non più esistente). Cuore della festa l’attesissima pastasciutta di mezzanotte. La sagra si svolgeva senza posti a sedere, occupava tutta la piazza, “bloccando” il ridotto traffico veicolare dell’epoca.
Più tardi la parrocchia mise a disposizione l’attuale area festeggiamenti e la sagra è passata alla gestione della Pro Loco, con l’introduzione del torneo dei quattro borghi (Borg di Sore, Borg di Sot, Place e Palma, e Cjasalos) da cui prende il nome. I paesani ricordano le figure storiche di “Cocco”, Adua ed Elvira grazie all’impegno delle quali la sagra ha iniziato a rinnovarsi diventando famosa soprattutto per gli gnocchi al ragù fatti al momento.
Ed eccolo qui, il segreto del successo di questo evento, racchiuso nelle mani delle impastatrici. Mani vecchie e mani giovani, esperienza e apprendistato.
Fare gli gnocchi a mano, impastarli, farli riposare, cuocerli, condirli al ragù di carne o anatra, servirli e assaporarli. Una catena precisa, ininterrotta, di movimenti tramandati, gesti semplici ma che richiedono conoscenza e aprono ad un cursus honorum, anche attorno al bancone. Impastano le donne con più esperienza. Le altre osservano e imparano. Arrotolano, tagliano, spolverano di farina. Qualcuna il prossimo anno potrà impastare.
C’è posto per la risata e il racconto. Il pettegolezzo e l’ammiccamento. Gli abbracci tra chi si rivede solo di anno in anno.
In ogni piatto di gnocchi che esce dalla cucina si vedono i sorrisi, l’allegria, i racconti del paese. E ce ne sono tantissimi, almeno uno per ciascuna delle 500 porzioni servite in cinque giorni, per un totale di 1 quintale di patate lessate.
Lo spirito di comunità è il collante che, da più di mezzo secolo, ogni luglio, consente di ricreare la magia. Dal giovedì al lunedì del penultimo weekend di luglio, ogni paesano esprime un’identità nuova. Attorno al tavolo delle impastatrici si intrecciano le mani dell’impiegata e della maestra, della bancaria e della commessa, della pensionata e della casalinga.
Più in là, un ingegnere si appresta alle griglie, un dentista controlla fuochi e dosa pietanze, un geometra arrostisce la polenta e una studentessa chiama gli ordini con voce ferma e acuta.
Un piccolo mondo, un ingranaggio quasi perfetto, con un unico scopo: richiamare le persone a far festa, far conoscere i sapori della tradizione, celebrare il senso di comunità e l’amicizia.
C’è molto Friuli da scoprire anche in una magica sagra paesana.
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