Il ponte è stato fino al 1989, l’unico passaggio sul fiume. Dal Duecento esisteva qui una passerella in legno, che la comunità decide nel 1440 di sostituire con una struttura in pietra. I lavori iniziano nel 1441 e, dopo la morte di Jacopo Degano (1445), proseguono sotto la guida del suo collaboratore Eraldo da Villacco, che muore nel 1453, ad opera non ancora ultimata: verrà lastricato ed ultimato nel 1558. Restaurato tra il 1842 e 1843, verrà ampliato dopo i danni subiti durante la prima guerra mondiale. Il ponte è alto m. 22,50, si sviluppa per 48 metri e poggia su due archi diseguali: uno largo 22 metri, e l’altro 19, impostati su un massiccio pilone centrale, poggiato su un grande sasso.
Le vicissitudini della sua costruzione hanno alimentato la leggenda che riferisce dall’aiuto che i cividalesi avrebbero chiesto al diavolo (e a sua madre) per riuscire a completare l’opera.
A monte del ponte, con affaccio sulla riva destra del fiume, è collocato il cosiddetto “
Ipogeo celtico”, ricavato in una cavità lungo l’argine roccioso del Natisone, che viene considerato una testimonianza dell’insediamento preromano. Alla grotta si scende da una scala che raggiunge il primo piano di calpestio, da qui si dipartono tre corridoi non molto alti, scavati nella roccia, collegati a tre vani. Interessanti sono i mascheroni scolpiti sopra agli ingressi, simili alle cosiddette
têtes coupées (mascheroni celtici per ritratti funebri) diffusi nei complessi funerari della Francia meridionale.
(Testi, raccolta e selezione immagini di Manuela Castagnara Codeluppi)