JOTA TRIESTINA + IL VINO PERFETTO CHE LE ACCOMPAGNA
Tra le varie glorie della cucina tradizionale triestina possiamo individuare una ricetta che costituisce un vero e proprio emblema: la Jota, una minestra a base di fagioli, crauti e patate, tendenzialmente invernale, al giorno d’oggi consumata soprattutto nella cucina triestina, ma presente anche nella tradizione culinaria carsolina, goriziana e giuliana in generale. Tra le principali differenze delle varianti troviamo l’utilizzo dei capuzi garbi, ovvero le listarelle di cavolo cappuccio fermentato, e la presenza di una componente di carne di maiale.
Chiamata anche iota o yota, rappresenta un piatto che ha suscitato negli anni diverse diatribe in merito alla rivendicazione della sua paternità. Si può trovare, infatti, anche nella cultura gastronomica friulana e carnica, caratterizzata però dalla presenza delle rape acide in sostituzione dei crauti.
La sua creazione si perde nella notte dei tempi e si presume che l’origine del nome derivi dal tardo latino jutta, termine di probabile lontana origine celtica che avrebbe significato all’incirca “brodaglia” o beverone. In effetti, storicamente nasce come minestra realizzata con gli avanzi disponibili in cucina.
Un piatto, dunque, molto versatile la cui variante classica è la iota magra del Venerdì Santo che sostituiva la carne di maiale con un soffritto di olio, farina e aglio, mentre le versioni moderne, più veloci, consistono nell’utilizzare crauti e fagioli in scatola, unendoli ad un semplice soffritto della pancetta.
Ingredienti per 4 persone
- 250 gr di fagioli borlotti
- 200 gr di patate
- 150 gr di cavolo cappuccio
- 100 gr di cotenna
- 40 gr di lardo
- Due salsicce fresche
- Due spicchi d’aglio
- Tre foglie d’alloro
- Una spruzzatina di kummel (cumino)
- Sale e pepe q.b.
Procedimento
Lasciare i fagioli ammollo per almeno una notte. Sbollentare le patate in una pentola d’acqua per 40 minuti e, a parte, preparare un trito di lardo e aglio da far soffriggere a fiamma dolce, a cui si andrà ad aggiungere il cavolo cappuccio tagliato a listarelle assieme alle salsicce, sgranate a pezzetti.
Terminata la cottura unire tutte le preparazioni in una pentola e portare avanti la cottura ancora per 10-15 minuti. Si passa metà del contenuto al mixer e si riunisce il tutto, pronto per essere servito caldo.
IL NOSTRO ABBINAMENTO: Vino Terrano

Il Terrano è un vitigno autoctono a bacca rossa del Friuli Venezia Giulia, appartenente alla famiglia dei Refoschi, che ha trovato il suo habitat ideale nel territorio del Carso, di cui senza dubbio rappresenta uno dei vini più espressivi, tanto da essere considerato uno dei simboli della “viticoltura eroica” dell’altopiano: i vigneti si sviluppano, infatti, immediatamente sopra la costiera triestina e sono ricavati nelle doline, il cui suolo ha un alto contenuto di composti ferrosi, che rendono il Terrano un vino con una grande personalità, dal gusto deciso e dal profumo intenso, tant’è che l’origine del nome sembra derivare dal tedesco “teer”, ovvero catrame.
È un vitigno molto antico, la cui coltivazione era conosciuta già dai Greci e che ha goduto di un notevole successo durante il dominio austro-ungarico, dove era particolarmente apprezzato per le sue proprietà medicinali: grazie all’alto contenuto di ferro veniva, infatti, utilizzato per la cura dell’anemia. Le prime citazioni del Terrano in regione sono fatte risalire al 1946 negli Annali del Friuli di Francesco da Manzano, dove si parla di un vino Terrain che veniva donato alle persone illustri dal comune di Udine. Il Terrano è iscritto al Registro Nazionale delle Varietà di Vite dal 1970.
I vini ricavati dal Terrano presentano un colore rosso rubino intenso, con riflessi alle volte violacei. La forte personalità olfattiva ricorda sentori erbacei, di mirtillo e di terra, gradevoli e decisi. Il sapore è asciutto, dalla spiccata acidità e con un’alta presenza di tannini.
Va abbinato ad una cucina rustica: piatti a base di carne, soprattutto di maiale, e prodotti tradizionali del territorio carsico come la jota triestina, una minestra tipica dall’origine antica.
Va servito a temperatura di cantina, tra i 14 e i 16 C°.